martedì 29 dicembre 2009

A Roma, a Roma

E così siamo andati a Roma. In realtà in testa avevamo poche idee ma confuse: vedere la mostra di Caravaggio e Francis Bacon, il nuovo spazio di Antonello Colonna . Un programma minimo (sic). Come sempre, la mappa non è il territorio,  così finisce che ci imbattiamo per caso in una mostra meravigliosa dedicata a Calder,  con opere che sono una sfida all'equilibrio, incontriamo uno scrittore ceco che legge ad una smarrita platea versi di Rabelais sul vino, finiamo alla festa di Minimum fax,  scopriamo una birreria con l'impianto per le spine più grande in Italia, assaggiamo la pizza di Bonci, andiamo a vedere a teatro Michele Sinisi che parla di sequestri e vaiasse, per finire all'enoteca Roscioli con un amico in più e una visita alle cantine sotto il forno. Programma minimo,  Roma generosa.
Roma trafficava ancora con il popolo viola del No Berlusconi day quando siamo arrivati in tempo ancora per la coda del corteo. Un po' più tardi ce ne siamo andati vedere il nuovo spazio della Birreria Baladin, in via degli Specchi, vicino a Campo de Fiori. Il locale è molto bello: da un lato una parete decorata a birre dove troneggia un bancone con quaranta spine, rigorosamente artigianali. Una lavagna al muro riproduce la carta  con il meglio della produzione italiana. Cento bottiglie a disposizione.
Se il piano terra è un open space dal sapore post-industriale con tavoli alti e squadrati,  l'atmosfera cambia completamente al piano superiore. E' come entrare in un interno della provincia italiana del nord, con vecchie poltrone e merletti.(Ma in quanti interni del provincia del nord sei stato? Pochi ma penso abbiano questa atmosfera). Le pareti della scala riportano etichette scrostate che fanno molto garage. Molto accogliente e caldo. Abbiamo provato un buonissimo baccalà mantecato per il quale ci è stata consigliata la birra Nora, fatta con il kamut, adatta sui piatti di pesce e un piatto di polpette abbinato ad una birra blanche Isaac, dove spiccano gli agrumi. Molto interessanti le chips di Patate, fritte.
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 Al palazzo delle Esposizioni  la mostra di Calder è emozionante;  dipinti , acquerelli e soprattutto e i suoi mobiles, le sculture - costruzioni sospese in equilibrio, lamine, sfere vetri unite da fili di metallo.  Bello l'allestimento che da un idea molto precisa dell'evoluzione dell'artista con alcuni film d'autore girati con i suoi oggetti. Serendipità, perché noi eravamo attirati in quei luoghi dalla curiosità per l'Open Colonna, dove siamo arrivati di domenica a pranzo quando c'era il Brunch e i posti erano tutti prenotati.
Scegliendo il bancone ci siamo guadagnati la simpatia dello Chef, che stava come Achab sulla plancia di comando del Pequod. Impartiva direttive, ammoniva sornione e pontificava. Gli piace la cucina casalinga siciliana e la estrema varietà dei prodotti della terra e del mare. Vulcanico, progetta già di farsi piazzare i fornelli sul bancone per cucinare la domenica. "Io non voglio andare al mare, voglio stare qua, vedere la gente mangiare "  E poi ci racconta di come ha trasportato il ristorante di Labico in una sala superiore del bellissimo spazio e come ha  piazzato un caveau per sigari, da affittare come in Svizzera ti affittano le cassette di sicurezza per i preziosi. Sulle etichette stanno i nomi dei privilegiati che vengono al pomeriggio in esilio da famiglia e affari. Ma la vera chicca sta in terrazza: una striscia d'orto larga un metro e lunga una ventina, dove l'ortolano Colonna ha piantato di tutto dalle melenzane alla vite. Dice che ci ha fatto anche un litro di vino.
Al buffet abbiamo mangiato una buona salsiccia con contorno di broccoli e un ottimo agnello  ma per conoscere veramente la cucina bisognerà aspettare e mangiare al piano di sopra. Per ora ci accontentiamo della foto della porta rossa riprodotta.  E dei ricordi di Davide che laggiù ha mangiato la gricia con le fave.

Consulente della Birreria Baladin per le proposte culinarie é Gabriele Bonci, l'esuberante alfiere della qualità della pizza. Usa farine biologiche di alta qualità e lievito naturale e propone accostamenti nuovi per gli ingredienti. Ci dicono che abbia una pizzeria nel quartiere Prati. E siccome abitiamo nelle vicinanze, per la cena del nostro secondo giorno ci mettiamo in cerca di Pizzarium, il suo buen refugio. E' una classica pizzeria da asporto, di quelle con le pizze a taglio, in versione da gourmet. La lavagna riporta una serie di fritti come antipasti che sono un programma dei desideri e un frigo raccoglie  un buon numero di birre artigianali di varia provenienza. Ci portiamo a casa due scatolette con un arancino con rosa del Pakistan e buratta e  un primo sale con alici del Cantabrico. Un trancio di margherita e uno con le verdure.

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Almeno uno dei nostri punti in programma dovevamo rispettarlo e così finiamo nel calderone della stazione Termini alla trattoria dell'Omo.
E' come un viaggio nella macchina del tempo, il servizio dalle mani malferme del proprietario, la gentilezza del figlio e il conto in lire. Per noi percorso classico con un morbido e profumato carciofo, carbonara e gricia. Non si cerca la perfezione ma l'archetipo. Un bel bancone accoglie molti antipasti e il baccalà da friggere. Un vecchia affettatrice separa la sala lunga da quella riservata agli ospiti abituali. Senza nostalgie o esaltazioni di un mondo perduto non siamo inclini al culto dell'originario ma l'Omo è schiettamente identitaria. P.S. per la filologia nella carbonara c'era la pancetta e non il guanciale.

Piccolo è bello come la saletta al piano inferiore dell'enoteca Riscioli. Dal Teatro dell'Orologio è un balzo. Le pareti ti avvolgono con il loro carico di vini. Altri due tavoli, uno di uomini e carte di credito, l'altro di coppia surmatura con Chateau Lynch Bage. Scegliamo un pinot Nero Muri Gries riserva Abtei  05. Eravamo incerti se scegliere un altro vino quando  alle nostre spalle a confermare la nostra scelta il simpatico Francesco sibila " Muri Gries, tutta la vita" la serata scorrrerà tra rievocazioni di bevute e confronti con Francesco. Da segnalare il buono soufflé di parmigiano e il piatto dei prosciutti. Nel delirio che monta, tra Champagne rosé, WIttgenstein e antropologia, Francesco ha il coup de Theatre. Ci Porta a vedere la cantina di Roscioli. Il tempio. Laggiù, nelle vere catacombe romane ci insinuiamo tra le magnum di Nikolaihof, tra le riserve di Borgogna e gli Chateux e quindi usciamo a
riveder le stelle.

5 commenti:

  1. sono stata anche io all'open baladin, è un posto bellissimo e l'accostamento tra birra e cibo è molto curato.

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  2. bellissimo il racconto e altrettanto fantastico il percorso romano, tra calder e villa borghese.

    Mi ha incuriosito molto il baccalà mantecato....

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  3. la mostra di Calder è emozionante. Da sola vale il viaggio a Roma.

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  4. ... Si, Roma è sempre, a suo modo, generosa !

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  5. vorrei segnalare a mo' di aggiornamento un paio di posti alternativi all'open baladin dove secondo me il glamour eclissa veridicità e passione del connubio birra&pizza:
    http://www.sforno.it/ la pizzeria di Stefano è leggermente decentrata, ma secondo me si fanno pizze fantastiche senza l'opacità della fama di Bonci; da segnalare che il locale ha un gemello da asporto nella piazza del mercato di Testaccio, si chiama 00100 pizza, imperdibili i trapizzini con le rigaglie!
    http://birefud.blogspot.com/ ovvero LA birreria di Roma. E' vero, di fronte c'è il mitico MaCheSiete (sono entrambi nel cuore caciarone di Trastevere), ma è minuscolo, si beve solamente ed è un covo di "laziali".

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