Si dice che non ci sia un viso che non nasconda un paesaggio e che non ci sia un paesaggio che non si popoli di volti. Marsala e il suo territorio hanno un viso che confonde mare e montagna, le linee e le rughe di Marco De Bartoli, vignaiolo, enologo, pilota, collezionista d’auto, amante della vite. I suoi vini tracciano una strada di fronte alle impossibilità. Si direbbe che in un territorio, la lotta contro il caos degli elementi della terra lo abbia condotto ad una lotta più importante quella contro l’opinione, che pur pretendeva di proteggerlo da quel caos.
Ha ereditato il gusto, la sapienza condivisa e li ha portati al punto estremo della loro regolazione. E’ per questo motivo che i vini di De Bartoli gli somigliano, portano il suo temperamento preso tra l’eredità del passato e la volontà di creare. E se la creazione si fa nella resistenza, il Vecchio Samperi è l’emblema di questa sua storia.
De Bartoli ci insegna che non abbiamo bisogno della comunicazione e che anzi ne abbiamo troppa; ci manca la creazione. Ci manca la resistenza al presente. Che cos’è un grido, un linguaggio, indipendentemente dal popolo che chiama o che prende a testimone? Chi crea sa evocare un’intero popolo, sa nominare i confini di una tribù. Si lavora per sottrazione non per complessità, si riduce la vite a compagna di resistenza. Per questo la si ama. La sua fragilità radicale si presenta sotto forma di identità concreta: il grillo, come uno di famiglia, una voce che nasconde il linguaggio di un popolo. Creare un nuovo vino è come creare un nuovo concetto, una forza di libertà. Bukkuram, lo il passito, racchiude l’essenza di Pantelleria, i dirupi e gli anfratti, la resistenza al vento. Nessun pittore, anche il più astrattista può dimenticare la memoria dell’oggetto, qualcosa che ricorda la nostalgia del giorno della creazione. Nelle fragranze zuccherine del Bukkuram sembra sedimentata la storia di un’isola e di un’intera geografia.
Che belle parole per un grande esempio!
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