sabato 13 febbraio 2010

Tsukiji

di Davide Enia
Alle 5 ca matinàta c’è l’asta del tonno al più grande mercato di pesce dell’Asia. Tsukiji, si chiama. La città è Tokyo. Metrò a quell’ora ‘un ci nn’è, un bello taxi dal nostro hotel (Shinjuku) a Tsukiji, che è a 20 minuti a piedi da Ginza, quartiere di grattacieli e uffici e Sony Building vari. Tipo meno di 15 euri di spesa (per un tratto che a Roma, almeno 30 euri, con in più il tassista a parlarti di argomenti così poco interessanti che forse il solo Ghedini). Arrivati, siamo pochissimi gajin (stranieri) ed un fottìo di giappo che travàgghiano ddùoco dìntra. La prima cosa che risalta è l’acqua: dappertutto. Dà parecchia soddisfazione notare che quasi tutti gli altri stranieri (americani per lo più) calzano inutili infradito. Si chiama “fish market”, ma è pur sempre una enorme, imponente, bagnatissima pescheria (consiglio di chi ci è stato: ìtici ch’i scarpe chiuse).




 Poi, di colpo, ti rendi conto in un niente che a Tsukiji rischi la vita praticamente sempre, perché ci sono dei trabiccoli che assomigliano alla Lapa (l’Ape Car della piaggio) che vengono guidati però in piedi, il pesce tutto caricato dietro, e ‘sti cosi vengono guidati a velocità folle. I giappoguidatori ci corrono come i pazzi. E non si fermano. Mai. Piuttosto travolgono. Il carico di pesce deve esser consegnato prima di subito, storia di aerei che partono, di ristoranti che attendono, di soldi che reclamano. E tu, là dentro, tu sei il più classico degli intralci per chi sta lavorando ed ha fretta. Se non ti canzìi in tempo, cazzi tua, ti investono e corri macàri il rischio che ti vendono al trancio pur’a ttìa.
C’è una velocità virile e nevrotica in queste cinque del mattino. Io la osservo basito, ammirato e preoccupato per la continua sensazione di uno scontro imminente con la Lapa caricata a pesce.
A volte qualche pesce ancora vivo salta fuori, rimane un po’ a saltellare sul cemento bagnato, i rantoli diminuiscono e poi non si muove più.


Dentro un capannone, l’asta dei tonni. Qualcuno è già venduto, viene portato al bancone ed inizia lo squartamento. Il taglio è diverso: diversi i coltelli, diverso il modo di aggredire la materia prima, diversa la sapienza dell’uso. Lavorano tutti in silenzio e c’è sangue ovunque. Tantissimo sangue. Che pare pure una considerazione logica ma io, prima di Tsukiji, non avevo mai connesso l’idea del sangue al pesce. Sarà per il bianco della carne, sarà che m’u fàzzu munnàre dal pescivendolo, sarà che era più comodo accussì. Invece. Sangue a stracatafottere. Eccerto, non puoi mica ammazzare il pesce affogandolo in acqua.











Ci sono pesci mai visti in 35anni di militanza marittima siciliana. Molluschi e predatori, pesci da fondale e armàli da libro degli incubi.



Alle 6.20, allora, non c’è nulla di meglio per continuare la giornata di una bella colazione a Tsukiji. Pigliamo due Chirashi-don (che non penso si scriva così, anzi: sicuramente non si scrive così, ma è quanto di più simile al ricordo di come veniva pronunciato): una ciotola di sushi con crudità di tonno, spada, gambero, granchio, tofu, calamaro e qualcos’altro. Beviamo una zuppa di vongole e del the verde per sciacquarci la bocca.
Fuori da Tsukiji, per un attimo comprendo in senso di familiarità che provavo: pareva Palermo all’ora di punta, solo che ‘mPalermo è tutto un clacson e santiàte, qua c’è silenzio e santiàte a denti stretti. Palermo è bordello che che nasce dall’avvilimento, qua è furore produttivo ed ordinato. Il pesce è buono uguale.

7 commenti:

  1. Siete andati in Giappone solo per visitare il mercato?

    RispondiElimina
  2. si in giornata, in tempo per il tg delle 20 di Minzolini....

    RispondiElimina
  3. se il pesce è buono uguale e la parlata è più distinta, w tokio!!!

    RispondiElimina
  4. bello questo racconto nipposiculo!
    sara

    RispondiElimina
  5. c'e' anche la mia foto preferita! grande davidu. La simo

    RispondiElimina
  6. minchia pititto che mi si grapiu.
    Bravi bravi bra

    RispondiElimina